È arrivato il momento di scegliere

Marisandra Lizzi
11 min readMar 6, 2024

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Quale umanità vogliamo coltivare?

Un testo scritto a quattro mani con Iacopo Mancini

“Come un seme […] allo stesso modo anche noi naturalmente siamo consapevoli, creativi, amiamo, siamo connessi con qualcosa più grande di noi. È qualcosa di naturale che sapremmo fare spontaneamente ma che disimpariamo a fare per una serie di ragioni personali, sociali, culturali che cambiano per ognuno di noi.”
[DANILO SIMONI e LUCA VIRDIA, Bloom, Fiorire con le intelligenze evolutive, 2018 HARISELDON]

Signore e signori, è arrivato il momento di scegliere.

Abbiamo preso tempo, ci siamo bagnati di indifferenza, quasi coccolati dalla possibilità di continuare a vivere per inerzia, rassicurati dall’atteggiamento degli altri, altrettanto tiepido. Abbiamo ignorato per troppo tempo quella sensazione di smarrimento e paura che il progresso continua a generare in noi.

Sì, lo so, parlo da persona ferita e delusa da un’innovazione digitale che avrebbe realmente potuto migliorare il mondo e per alcuni aspetti l’ha fatto, ma a vincere sembra sempre il consumismo sfrenato e la commercializzazione spinta delle nostre coscienze. Oggi ho prenotato su Amazon il nuovo libro di Valerio Bassan dal titolo “Riavviare il sistema. Come abbiamo rotto Internet e perché tocca a noi riaggiustarla”.

“La promessa originaria di Internet è stata tradita. Nata come uno spazio infinito di libertà creativa e partecipazione democratica, questa tecnologia rivoluzionaria si è trasformata in una grande arena in cui vince chi applica le logiche commerciali più spietate. Ogni azione che oggi compiamo online — come informarci, comunicare, fare amicizia o acquistare qualcosa — rende sempre più ricchi gli oligarchi della rete e finisce per impoverire noi, i suoi abitanti. (…) Per rendere nuovamente abitabile Internet sarà necessario ripartire dalle basi, cambiando il modo in cui investiamo collettivamente tempo e attenzione, ma soprattutto maturando la consapevolezza che solo reclamando a gran voce i nostri diritti digitali saremo in grado di riscrivere il futuro della rete. Che Internet vogliamo lasciare a chi verrà dopo di noi?”
[VALERIO BASSAN, Riavviare il sistema. Come abbiamo rotto Internet e perché tocca a noi riaggiustarla, 2024, Chiarelettere]

In questo mio semplice atto di prenotare un libro su Internet c’è tutta la contraddizione della mia intera esistenza. Sì perché per me Internet era la possibilità di prenotare il libro di Valerio e vederlo apparire nel mio Kindle magicamente il 19 marzo, come di fatto avverrà. Magico, no? Magico, insomma, perché questa magia ha un prezzo. Il prezzo dell’illusione del bisogno, apparentemente fondamentale, del “tutto e subito”. Un bisogno indotto con l’inganno e la manipolazione. Bisogno che ho contribuito inconsapevolmente a creare e dalla cui illusione magica sono uscita, soffrendo moltissimo. Tutto a casa nostra a prezzi sempre più bassi e sempre più velocemente. Ma perché?

Sono stata risvegliata da questa illusione un giorno, all’improvviso, quando non sono più riuscita a trovare le parole per rispondere a una semplice domanda di Carlotta: “Mamma, mi aiuti? Come faccio a spiegare ai miei compagni di classe (del Liceo Musicale, non ricordo esattamente quale anno) che Amazon è una cosa bella? Se tu ci lavori lo è per forza, no?”

Da tempo Mauro cercava di farmi ragionare, ma quel momento, quella frase innocente ha fatto cadere improvvisamente il sipario dell’illusione e mi ha mostrato la dura realtà. In quel momento forse si è anche generato il primo germoglio ancora sotterraneo del seme dello spettacolo di Lotta, Detonazione, anche se Carlotta non era ancora Lotta perché andava al Liceo Bertolucci di Parma e viveva sulla collina.

“Siamo davvero pazzi se pensiamo di stare a questo gioco di insana follia.
Collezione Estate, Autunno, Inverno, Primavera, i tempi del consumo erano scanditi dalle stagioni, ora un’accelerazione folle, tutto diventa veloce, il tempo incalza.
La natura deve essersi sbagliata, le stagioni non sono più 4, sono diventate 52.
Miriadi di capi viaggiano ogni giorno per saziare la nostra fame di vanità.
(Una giostra impazzita che produce inquinamento, scorie, follia, capi che inquinano armadi, spazi, menti, corpi, ambiente)
e spesso in questa bulimia famelica rimangono persino invenduti e vengono bruciati, sì bruciati.
Milioni di capi vanno in fumo ogni anno.. Centinaia di vite si spengono ogni stagione, ma si tanto Noi continuiamo a comprare, comprare, comprare …”
[LOTTA, Detonazione | 52 Stagioni, luglio 2022]

Lotta al TEDx Countdown Varese

Consegne sempre più veloci per esaudire una fame indotta, sempre più famelica, sempre più malata. Una dipendenza bulimica da cose inutili che ci sta uccidendo come umanità, appesantendo le nostre case almeno quanto le nostre anime. Un bisogno, forse, accettabile per la fame di conoscenza e per la possibilità di immaginare mondi migliori attraverso le parole, ma incomprensibile al di fuori di questo unico ambito e forse nemmeno in questo, perché se il libro di Valerio non mi arriva il 19 marzo, ma il mese dopo a me che cosa cambia? E allora ho scelto di dire basta e questa decisione oggi mi ha portata dove sono e mi ha consentito di essere chi realmente sono.

Ogni strumento può essere asservito al bene o al male a discrezione di chi ne fa uso, e ogni passo in più verso l’ignoto rischia di mettere a repentaglio la capacità di questa nostra specie di conservare intatta la sua umanità.

Sì perché il rischio è restare nel punto zero del nostro libero arbitrio, lasciando che il progresso scelga per noi, lasciandoci trasportare da una fiducia a volte irragionevole: il rischio è arrivare a farci scegliere dagli strumenti a cui abbiamo dato vita per renderci più liberi, perdendo per strada, non visti, pezzetti di libertà.

È come se continuassimo a correre bendati, credendo di seguire una direzione, una linea retta, sempre più velocemente, mentre reprimiamo ogni paura di andare a sbattere contro un muro semplicemente ripetendo a noi stessi che, fino a ora, di muri su cui sbattere non ne abbiamo incontrati, e che siamo in troppi a correre perché sia possibile schiantarsi tutti insieme.

“Ogni volta che scegli, tu scegli il tipo di schiavo che non sarai” recita il verso finale di Niente di speciale, brano de Lo Stato Sociale. A nessuno di noi piacerebbe definirsi schiavo, ma come sfuggire a questa definizione se non prendiamo in mano il nostro presente e non immaginiamo e scriviamo in modo consapevole il nostro futuro? Anche non scegliere, si sa, è una scelta.

La verità è che il panorama che si sta aprendo di fronte a noi in questi ultimi mesi, fatto di intelligenza artificiale da un lato e perdita di umanità dall’altro, è un panorama di cui allo sguardo sfugge anche solo un accenno d’orizzonte. Se quel muro è lì ad aspettarci lo scopriremo quando sarà troppo tardi: non so neppure se siamo in tempo per rallentare. So solo che è arrivato il momento di prendere in mano noi stessi, è arrivato il momento di scegliere.

Ma scegliere che cosa?

Per me e per Mirandola Comunicazione quesiti e soluzioni sono chiari, dopo mesi di riflessioni e maturazione che hanno comportato sacrifici, rinunce, ma anche tanta nuova energia per proiettarci verso il futuro: dobbiamo comprendere dove vogliamo indirizzare il nostro contributo di comunicatori per la società e come farlo.

Partiamo proprio da questo secondo punto: perché scegliere proprio le parole per dare un senso al nostro stare al mondo?

Perché le parole che scegliamo hanno il magico potere di crearlo, quel mondo: il mondo che sogniamo, quello che poniamo in vetta nella scalata della nostra vita personale e professionale, a cui tendiamo, verso cui disporre la nostra energia (ho studiato 6 anni per sapere il senso di questa parola magica a cui ognuno di noi ha accesso gratuito e immediato SEMPRE), che si alimenta grazie alle connessioni che siamo in grado di generare, grazie alle relazioni umane che coltiviamo. Da quale parte vogliamo stare dunque? Quale mondo vogliamo creare?

Un mondo fatto di armi e frontiere? Un mondo in cui non ci indigniamo di fronte alle parole con cui Ursula von der Leyen ci vuole illudere che per difendere la libertà, la democrazia e la prosperità l’unica soluzione sia la guerra. Questa illusione è identica a quella del “tutto e subito”, si tratta di giochi di prestigio per indurci ad accettare di vivere nell’insicurezza costante perché se abbiamo paura siamo più arrendevoli e manipolabili. Se abbiamo paura non vediamo l’energia che è dentro ognuno di noi e che proprio dalla paura può essere accesa e sprigionata. Non è magia, o meglio, è la magia che fa muovere i pianeti e funzionare le nostre cellule e la natura intera intorno a noi. E intanto accettiamo di aumentare le spese militari. Dopo due anni di pandemia, la guerra è davvero l’unico scenario di presente e di futuro che siamo riusciti a concepire come umanità? Non è questa l’unica possibilità, possiamo scegliere di non cadere nell’illusione.

E continuando a parlare di innovazione e progresso, siamo certi di non farci abbagliare ancora una volta, innamorandoci dello strumento invece che della ragione per cui lo strumento l’abbiamo creato? Parlo dell’argomento più trattato in questo periodo, l’intelligenza artificiale. Intelligenza artificiale al servizio di quale intelligenza?

Abbiamo meno di sei anni (per la precisione oggi, 6 marzo 2024, 5 anni e 138 giorni secondo il Climate Clock) a dividerci dal punto di non ritorno verso il collasso climatico, parola della comunità scientifica: folli? Allora che si dica, che i governi lo dicano a chiare lettere: sulla crisi climatica non ci fidiamo della scienza. O ancora meglio: ci fidiamo della scienza solo se ci fa comodo, se fa comodo alle lobby che ci gravitano intorno e che governano i governi.

Io invece mi fido della comunità scientifica, e questa fiducia impone un’osservazione semplice: se abbiamo solo una manciata di anni di vita, come possiamo anche solo pensare di passarli a farci la guerra? Come possiamo chiederci al servizio di che cosa mettere le intelligenze umane e artificiali?

Non mi pare vi possa essere altra risposta che quella di salvare l’umanità sul pianeta e invece la scelta pare quella di farla finita prima o di farci vivere questi ultimi anni nel dolore, come già sta avvenendo fin troppo.

Abbiamo pochi anni, ma ancora a sufficienza per creare il mondo che vogliamo, abbastanza per salvarci sposando le giuste cause, acquisendo e generando consapevolezza, sperando che questa contagi una fetta d’Italia e di mondo abbastanza ampia da spostare col tempo gli equilibri decisionali dei governi. Solo allora avrà senso parlare di progresso.

Questa è la via che voglio seguire, perché sono convinta che investire sull’energia, sulle relazioni umane e sulle parole giuste da utilizzare sia l’unica alternativa che abbiamo a quella cieca e folle corsa verso il baratro nascosto dietro la cortina delle illusioni che i nostri tempi cercano di imporci.

Non è una via semplice: in questi mesi ho dovuto affrontare sfide che non avevo mai incontrato, ho perso clienti importanti che hanno scelto un’altra strada, con contestuale aumento dello sforzo nel garantire a chi è in Mirandola Comunicazione una continuità lavorativa, ho dovuto fare i conti con una necessaria riformulazione del concetto stesso di Pubbliche Relazioni inficiato dal rischio costante della creazione di false illusioni, senza contare i fisiologici riverberi di questa assurda tensione sul mio stesso corpo.

Questo post arriva dunque come un rigurgito liberatorio: sono convinta che la via è quella giusta, a dimostrarlo non solo l’energia di chi lavora con noi e sposa certi valori, ma anche la consapevolezza che se conosci la tua strada e scegli le parole giuste per dichiararla, il mondo ti aiuta.

Dopo i periodi più neri, infatti, questa scelta di campo ha iniziato a portare le soddisfazioni che speravo: tante realtà stanno comprendendo, come noi, l’importanza di investire sull’umanità, sulla relazione, sulle persone in virtù del loro valore; tante realtà sono tornate da Mirandola dopo anni in cui i percorsi si erano divisi, perché hanno sentito questa chiamata energetica, questa voglia inesauribile di non darsi per vinti di fronte ai cambiamenti, approcciandoli con il giusto sguardo critico. Si sta formando una squadra di futuro for good, per rubare le parole a Paolo Braguzzi, autore de “L’impresa for good”, di cui ho voluto essere protagonista e a cui stanno accorrendo persone e realtà dai mondi più diversi: autori, imprese, attivisti, università, progetti di formazione d’avanguardia.

Li riuniamo tutti in chiesetta il 14 marzo e non immaginate la mia gioia di essere riuscita anche solo a immaginare un momento del genere e grazie all’abnegazione di Francesco Sicchiero e del suo team a concretizzarlo.

Questo è il progresso a cui voglio contribuire, fatto di persone che noi comunicatori possiamo mettere in relazione tra loro, in un’ottica di dono e restituzione di valore che fa crescere tutti uniti verso l’unica direzione possibile. Un progresso fatto di realtà come Smily Academy, che tra pochi giorni porterà una delegazione di trenta talenti ad apprendere come fare eco-impresa direttamente dagli indigeni di Assam, la casa di The Forest Man of India, tra i founder del progetto; o come il CUEIM, consorzio universitario di economia industriale e manageriale, che il 14 aprile porterà nella nostra chiesetta di San Carlo alle Rottole un evento dedicato al good business, con le quattro eliche dell’innovazione (istituzioni, imprese, ricerca e società civile) che si troveranno a discutere di sostenibilità, aprendosi al confronto anche con il mondo dell’attivismo; o ancora fatto di realtà come l’Osservatorio benessere e felicità, che ricorda al mondo del lavoro che, prima di ogni tool all’avanguardia, il successo di un’azienda dipende dal benessere delle persone che ci lavorano, dal loro potenziale di realizzazione personale e dal loro coinvolgimento nella co-costruzione del comune percorso di sviluppo. In questa direzione anche il libro di Alessio Carciofi, Wellbeing che ci insegna a vivere meglio in vite sempre più stressate da strumenti di cui abbiamo merso il controllo.

Ne ho citate soltanto alcune, ma unite a tutte le altre realtà che abbiamo scelto di accompagnare e che a loro volta hanno scelto di condividere con noi questa energia, rendono l’idea del mio attuale ottimismo incondizionato.

Non ha più senso parlare di ufficio stampa, almeno in relazione a Mirandola Comunicazione, l’ho ripetuto più volte: il futuro della comunicazione è nelle relazioni umane. Per questo sono felice di aver dato vita al primo corso di Relazioni Umane, che presto si trasformerà anche in un libro, per questo sono fiera di essere circondata di persone che hanno sentito il richiamo di questa energia e che giorno dopo giorno mi aiutano ad accrescerla.

Sono davvero felice di aver avuto il coraggio di scegliere contro le sirene delle illusioni. E ora è il momento per tutti noi di scegliere, quale umanità vogliamo coltivare?

Il video di presentazione della prima experience di SMILY Academy | Grazie Claudia Laricchia di rendere possibile quello che a prima vista sembra impossibile

Grazie a Carlotta Sarina Riccardo Sarina e Mauro Sarina che rendono la mia scelta sempre possibile

Grazie a Mirandola Comunicazione tutta Francesco Sicchiero Raffaele Castagno Antonino Pintacuda Antonella Maia Daniele Gatti Monica Ollari Clara Rigoldi Iacopo Mancini Camilla Obbi Carlotta Minuzzo Federica Frigiola Anna Marosi

Grazie a chi ha creduto in Mirandola Formazione, oltre ai sopra citati aggiungo Francesco Gamberini Ilaria Milanese Federica Caprio Chiara Camporese Kaue e a tutti gli ospiti e i docenti che non taggo per evitare lo spam

Grazie a chi ci sta dando fiducia nel futuro e che ho citato a titolo di esempio in questo post di Medium CUEIM Consorzio Universitario di Economia Industriale e Manageriale
Smily Academy Claudia Laricchia Gaetano Zarlenga Alessio Carciofi Elga Corricelli Elisabetta Dallavalle Sandro Formica Valerio Bassan Paolo Braguzzi Danilo Simoni Luca Virdia

Grazie al nostro “vicino di chiesa” che ci ha fatto immaginare la possibilità di dare nuovamente uno spazio fisico ai nostri sogni Paolo Iabichino

e, infine, un grazie speciale alla mia insegnante di Bioenergetica che mi sta aiutando da anni a rendere possibile quello che a prima vista sembra essere impossibile Sidrea Besacchi.

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Marisandra Lizzi

Scrivere per migliorare il mondo, partendo dal mio e poi allargando il raggio parola dopo parola