Un viaggio nelle profondità della nostra mente
Il racconto di un workshop dal titolo “Dealing with distractions and trasnsforming problems” con Sarika Bajoria al Kadampa — Centro per la Meditazione di New York
New York, 3 agosto 2019 — Non può essere un caso che il mio ufficio sia a tre numeri civici di distanza dal Kadampa Meditation Center di New York, nello stesso blocco, come dicono qui. Non può essere un caso che proprio grazie alla mezz’ora quotidiana di meditazione che ho iniziato a praticare ogni giorno alle 12.15 si sia magicamente dissolto il blocco creativo e abbia ripreso a scrivere. Per ora sono pensieri sparsi, ma sento di avere dentro di me tutto quello che serve per provare a connettere il mondo del web, il mondo al quale ho dedicato tutta la mia vita professionale con quello della bioenergetica e della meditazione che tanto hanno dato e stanno dando alla mia vita personale.
Il workshop di oggi è stato condotto da Sarika Bajoria, un’insegnante senior del Kadampa Meditation Center New York City. Sarika è anche fondatrice di Mindful Architect (TM) e Senior Architect Designer in New York City.
Le meditazioni e gli insegnamenti durante il workshop hanno permesso di capire a livello esperienziale la natura e i meccanismi di funzionamemto della nostra mente secondo il pensiero di Geshe Kelsang Gyatso e come possiamo essere portatori di saggezza in ogni ambito della nostra vita attraverso la mindfulness. Come architetto, Sarika integra queste pratiche anche nella sua vita professionale, come ha descritto nell’articolo che segue:
L’argomento era decisamente complesso: “Dealing with distractions and transforming problems”.
E che cosa serve di più alle nostre vite, soprattutto oggi?
Viviamo in un mondo fatto di distrazioni continue, distrazioni che non ci consentono di attingere all’infinita profondità della nostra mente. L’esempio che Sarika ha portato è quello dell’oceano e delle sue onde. Viviamo in un oceano tempestoso ma, se ci concentriamo solo sulla superficie, se osserviamo soltanto ogni singola onda e ci lasciamo distrarre dal suo arrivo, dal suo incessante e continuo salire e discendere, se non accettiamo la sua altezza e non lasciamo che la nostra mente ne comprenda e accetti il fluire continuo per poi lasciarla andare via, non scopriremmo mai l’infinita bellezza del mare intorno, la sua vastità e, probabilmente, cosa ancora più grave, ci perderemmo la bellezza incommensurabile della vita e della natura nel profondo degli abissi.
Non è esattamente quello che Sarika ha detto, ma l’analogia con l’oceano mi ha portato alla bellezza e alla profondità di ciò che è nascosto nel profondo della nostra esistenza. Una profondità che molto spesso decidiamo di non sondare, accontentandoci della superficie e immaginando che quella sia la nostra intera realtà.
La meditazione che ci ha proposto sembrava dedicata proprio a me e a quello di cui più avevo bisogno in quel momento e non solo in quello.
Meditazione della Chiarezza della Mente.
Il suo nome.
Può esistere un nome più bello? Ma cosa significa “Chiarezza”.
Sarika ce lo legge da un libro, uno dei numerosi libri di Geshe Kelsang Gyatso, “The Oral instructions of Mahamudra”
“Clarity is something that is empty like space , that can never possess form and that is the basis for perceiving objects.” That is the nature and function of our mind.
Che significa:
“ Chiarezza è vuoto come spazio che non possiede mai forma e che è la base per percepire gli oggetti.” Questa è la natura e la funzione della nostra mente.
“Chiarezza” come spazio vuoto, in un mondo che vive di pieni.
Viviamo in un processo di riempimento continuo delle nostre menti, delle nostre vite, delle nostre menti. Questa spiegazione mi risuona moltissimo.
Prima di affrontare la meditazione della Chiarezza della Mente, il suo invito è quello di provare a osservare la nostra vita, le sue distrazioni, il suo scorrere come fanno al National Geographic. In questi documenatri sono in grado di osservare la bellezza di una goccia di rugiada come quella di una giraffa con la stessa attenzione priva di giudizio, la stessa estatica osservazione senza alcun tentativo di valutazione.
La bellezza in quanto bellezza.
Mi piacciono le analogie che Sarika sceglie. Sono immediatamente comprensibili. Sono immediatamente sperimentabili.
Ti portano a vivere l’esperienza invece di provare a capirla intellettualmente. Ti portano a osservare la vita, le sue distrazioni e, persino, i suoi problemi da un’altra prospettiva. Con mente nuova.
E la mente è “boundness” ossia senza confini, infinita, illimitata. Ma la mente non è il cervello, come ci hanno hanno abituato a pensare. Noi non conosciamo nulla che non sia conosciuto dalla nostra mente eppure poco o nulla conosciamo della mente stessa.
Che cos’è allora la mente? — ci chiede. La mente non è solo il nostro pensiero, non è solo il nostro corpo, ma è l’intero universo, è tutto il mondo intorno a noi, è la consapevolezza della nostra esistenza. La mente è la base per percepire ogni oggetto, ogni realtà animata e inanimata, ogni situazione nella nostra esistenza. E il potere infinito di questa mente sta in ognuno di noi.
Qui arriva la parte più difficile da accettare.
I problemi sono dentro la nostra mente perché i problemi sono la consapevolezza del problema, il modo in cui decidiamo di reagire.
Noi abbiamo una libertà infinita e un immenso potere di trasformazione .
Non siamo costretti a vivere in uno spazio claustrofobico, possiamo entrare negli abissi infiniti della nostra mente e scoprire paesaggi vasti e incontaminati. Nuotare nella profondità dell’oceano e attivare la nostra infinita creatività. Entrare in sintonia con la mente che non ha confini, risuonare con essa. Accogliere lo spazio vuoto con la chiarezza della mente.
“ Chiarezza è vuoto come spazio che non possiede mai forma e che è la base per percepire gli oggetti.” Questa è la natura e la funzione della nostra mente.
Il problema non può essere separato dalla sua percezione così come l’immagine riflessa non può essere separata dallo schermo dello specchio in cui si riflette.
Quindi? Se abbiamo un problema, che cosa possiamo fare?
La sua proposta è sempre più difficile da comprendere e realizzare.
Il primo passo è accettarlo pazientemente.
Solo accettando pazientemente qualcosa, la puoi trasformare.Solo se accetti pazientemente la mente agitata che deriva da un problema, puoi trasformarlo. Se reprimi la mente che reagisce a un problema, si ripresenterà in forma ancora più acuta. Non bisogna reprimerlo, bisogna accettarlo. Ogni problema percepito dalla nostra mente genera ansia, paura, dolore. Solo accettando la mente agitata, lo possiamo lasciare andare via.
Il secondo passo è lasciarlo andare via dalla nostra mente.
Senza accettazione il problema si ripresenterà o, se proviamo a reprimerlo, come spesso facciamo, genererà tensioni fisiche. Il corpo si difenderà rafforzando la sua corazza e, per farsi sentire, il problema dovrà “urlare” in modo sempre più acuto.
E ora ecco l’apice della difficoltà.
Dobbiamo avere la consapevolezza che siamo noi a poterlo accettare e mandare via. La nostra mente ha il potere di accettare e lasciare andare quello stato negativo e lasciare spazio, un piccolo spazio vuoto nel quale provare a costruire un nuovo stato mentale. In quello spazio vuoto lasciato dalla rabbia, dalla paura, dal dolore, dalla reazione negativa proviamo a ri-costruire. Da quel semplice spazio vuoto possiamo fare in modo che la nostra mente non sprechi energie per reagire, ma le utilizzi tutte per accettare, lasciare andare e costruire nuovi pensieri in grado di portarci nei luoghi più calmi di questo oceano tormentato.
Il terzo passo è creare nuovi pensieri. Creare. Cambiare la nostra mente e il modo in cui osserviamo il problema.
Buddha e Einstein, in tempi diversi, sono arrivati alla stessa conclusione:
“Non possiamo risolvere un problema con la stessa mente che lo vede”.
Bisogna cambiare il nostro stato mentale, non possiamo cambiare la persona che lo ha generato, non possiamo cambiare la situazione, non possiamo cambiare l’esterno, ma solo cambiare qualcosa dentro di noi, nella nostra mente.
Solo noi possiamo scegliere se rimanere in superficie nelle acque agitate di una tempesta o se andare a fondo negli abissi infiniti della bellezza della natura.
“La tempesta non può distruggere il cielo.”
e neppure l’oceano. Aggiungo io.