Il tempo di ritorno dell’ipnosi collettiva
Esistono libri che non sono solo libri, ma specchi. Ti costringono a guardarti dentro, anche quando vorresti voltarti altrove.
Tempo di ritorno di è uno di questi.
L’ho letto come si legge una confessione tardiva. Come un tentativo disperato di riconciliazione tra passato e presente. Perché questo libro non parla solo di crisi climatica. Parla di noi. Di tutto quello che abbiamo ignorato mentre la temperatura saliva, mentre le mareggiate si facevano più violente, mentre i fiumi straripavano dove prima c’erano città.
Cotugno racconta la storia di suo padre, Luigi, cresciuto a Bagnoli, nel ventre della grande fabbrica, l’Italsider. Un mondo che credeva nel progresso come in una religione, che insegnava ai figli a nuotare buttandoli direttamente in acqua, che li portava via da scuola per farne operai senza fare domande. Suo padre non ha mai messo in discussione il sistema in cui viveva. Lo ha servito, lo ha attraversato, lo ha respirato fino a diventare una sua estensione. Come tanti. Come noi.
E poi c’è la madre, Giuseppina, che a modo suo ha partecipato alla costruzione del mondo che oggi ci sta crollando addosso. Anche lei figlia di una generazione che credeva nei camion, nei chilometri percorsi, nel gasolio come misura di successo. Anche lei parte di quel gigantesco ingranaggio che ci ha portati qui.
Ed è qui che mi fermo. Perché questa storia non è solo la storia di una famiglia, è la storia di un’epoca.
L’ipnosi del progresso e l’era dell’Ipnocrazia
Mentre leggevo Cotugno, non ho potuto fare a meno di pensare a Ipnocrazia, il libro che sta facendo discutere il mondo intero dopo che si è scoperto che l’autore, Jianwei Xun, era una intelligenza artificiale. Non è dell’esperimento di Andrea Colamedici e Maura Gancitano che voglio parlare qui ora, ma dell’importanza che per me ha avuto questo testo, indipendentemente da come sia nato.
Questo libro non parla di clima, non parla di acciaierie e carbone. Ma parla del meccanismo che ci ha portati qui: l’ipnosi collettiva.
Viviamo in un sistema che non ci tiene fermi con le catene, ma con le storie. Una “narrazione ipnotica” che ci ha convinti che la crescita infinita sia possibile, che il progresso sia sempre e comunque un bene, che la tecnologia risolverà ogni problema che essa stessa ha creato. In Ipnocrazia, l’AI, sapientemente moderata dai fondatori di Tlon, parla di edging algoritmico, della capacità del potere contemporaneo di modularci a piccoli impulsi, senza mai darci il colpo finale, ma tenendoci sempre un passo indietro dalla consapevolezza, sempre un passo prima della ribellione.
Se Cotugno racconta la crisi climatica attraverso la memoria familiare, Xun o chi per lui o lei, racconta come questa crisi sia il prodotto di un’epoca che ci ha sedotti con narrazioni tossiche. Entrambi dicono la stessa cosa: siamo intrappolati in un incantesimo. Un incantesimo in cui più è sempre meglio. Più crescita, più produzione, più tecnologia, più velocità. E non abbiamo visto che quel più stava distruggendo tutto ciò che ci rende umani: la lentezza, la connessione, la capacità di sentire davvero.
Il tempo di ritorno della consapevolezza
Nel linguaggio statistico, il tempo di ritorno è il periodo medio tra due eventi estremi. Un’alluvione che una volta avveniva ogni cento anni ora si ripresenta ogni cinque. Un’ondata di calore che era un’eccezione ora è la regola.
Ma c’è un altro tempo di ritorno di cui dobbiamo parlare. Quello della consapevolezza.
Ogni tanto, la Storia ha dei sussulti. Ci sveglia, ci strattona. Alcuni riescono a vedere, altri scelgono di chiudere gli occhi ancora più forte. Il movimento per il clima sta cercando di accelerare questo risveglio, di ridurre il tempo di ritorno tra un’ondata di consapevolezza e la successiva.
Per questo sono fiera di aiutare e di scendere in piazza con Extinction Rebellion, Fridays for Future, Animal Rebellion, Ultima Generazione, Emergency, … e chiunque voglia pacificamente e gentilmente scuotere il mondo da questo torpore. Il capitalismo fossile ci ha venduto il sogno di un mondo senza limiti, ma quella promessa si sta sgretolando davanti ai nostri occhi.
Il libro di Cotugno mostra che non è mai solo una questione di emissioni.
È una questione di memoria. Di radici. Di scelte. Ma soprattutto, di quanto siamo disposti a lottare per non essere l’ultima generazione a poterlo fare.
Perché il tempo di ritorno della consapevolezza è ora.
E non possiamo permetterci di farlo passare invano.
Grazie per avermi consigliato questa lettura.